Manchester United, il club ricorda i “Busby Babes” a 66 anni dal disastro di Monaco

In quel 6 febbraio 1958, il Manchester United di Matt Busby fu vittima di uno dei più grandi disastri aerei della storia del calcio; come l'Araba Fenice, però, da quel giorno i Red Devils cominciarono una risalita culminata con la vittoria nella Coppa dei Campioni 1967-68

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Il 6 febbraio 1958 è una data di capitale importanza nella storia del calcio e, in particolare, di quello inglese. Oggi, sessantasei anni fa, una delle squadre migliori che il pianeta aveva mai visto, il Manchester United di Matt Busby, veniva spezzata in due da una delle più grandi tragedie sportive nella storia di questo sport.

Come tutti gli anni, in questo giorno, i Red Devils si fermano a ricordare i loro eroi, vinti soltanto dal fato ma capaci, anche dopo il disastro di Monaco, di ricordare a tutti chi fosse il Manchester United. Le celebrazioni per il sessantaseiesimo anniversario di quell’infausto pomeriggio hanno però assunto un sapore particolare. Dopo la morte di Sir Bobby Charlton, avvenuta lo scorso anno, nessun componente di quella squadra leggendaria è ancora tra noi per poter raccontare cosa successe veramente in quel terribile pomeriggio a Monaco di Baviera.

Manchester United, il disastro aereo del 6 febbraio 1958

L’incipit di questa triste pagina di storia del calcio inglese è quello che vuole che il Manchester United di Matt Busby, in quanto bi-campione d’Inghilterra in carica, fosse impegnato, per la stagione 1957-58, nella Coppa dei Campioni UEFA. I Red Devils, infatti, avevano appena disputato la gara di ritorno contro la corazzata jugoslava della Stella Rossa di Belgrado e, grazie alle reti di Dennis Viollet e Bobby Charlton, erano riusciti a staccare il pass per le semifinali.

Ad attenderli, sulla carta, avrebbe dovuto esserci il Milan di Nils Liedholm, ma per buona parte di quel Manchester United la gara contro la Stella Rossa fu l’ultima. Il volo di ritorno, che i Red Devils presero in quel maledetto 6 febbraio, si rivelò essere più insidioso del previsto. Come da programma, l’Airspeed AS-57 Ambassador su cui viaggiava tutta la squadra dello United avrebbe dovuto fare scalo all’aeroporto di Monaco di Baviera per effettuare il necessario rifornimento, ma fu lì che i problemi occorsero.

Quel giorno, a Monaco, il clima era pessimo e la neve particolarmente insistente. Proprio per questo motivo, il capitano James Thain dovette riprovare in ben tre occasioni il decollo dall’aeroporto “Riem”. La terza fu quella fatale. Con l’aereo incapace di prendere quota, il volo su cui il Manchester United doveva tornare a casa si schiantò sulle barriere ai limiti dell’aeroporto spezzando così le vite di otto giocatori, tre membri dello staff, due giornalisti e del co-pilota Ken Rayment.

Ad Old Trafford, oggi, l’orologio del Flughafen München-Riem è tutto ciò che rimane di quel giorno, insieme alla profonda litania che i tifosi del Manchester United intonano ricordando i nomi di chi non c’è più.

Manchester United, l’eredità di quel 6 febbraio e l’epopea dei “Busby Babes”

Il tragico pomeriggio di Monaco di Baviera, in cui persero la vita Geoff Bent, Roger Byrne, Eddie Colman, Duncan Edwards, Mark Jones, David Pegg, Tommy Taylor e Billy Whelan – otto punti cardine di quella squadra a dir poco leggendaria, ndr – fu, per quel Manchester United, la fine di un’era dorata e l’inizio di un’altra, altrettanto brillante. Come la mitica fenice, infatti, la squadra di Sir Matt Busby rinacque dalle proprie ceneri trovando nella memoria dei compagni di squadra scomparsi un’ulteriore motivazione per mostrare al mondo quanto fossero forti i Red Devils.

Pur non riuscendo a vincere trofei in quella disgraziata stagione, il Manchester United che si ricostituì dopo il disastro aereo di Monaco lo fece mettendo in mostra le sue radici più forti: il senso di appartenenza dei sopravvissuti e il prorompente talento generato dall’Academy di Carrington. Con questi due tratti e un carisma da icona, Matt Busby riuscì a plasmare una squadra che, nel giro di dieci anni, avrebbe vinto due titoli d’Inghilterra, una FA Cup, due Charity Shield, e la Coppa dei Campioni 1967-68.

A far parte di quel mitico gruppo, oltre ai già citati Bobby Charlton e Dennis Viollet, c’erano personaggi che avevano interpretato in prima persona lo spirito dello United “pre-Monaco”, come Harry Gregg, Kenny Morgans e Bill Foulkes. A questi, il visionario Busby avrebbe gradualmente affiancato giovani rampanti come Denis Law, David Herd, Albert Quixall e l’inimitabile George Best, formando una squadra pressoché perfetta.

La leggenda dei “Busby Babes”, infatti, vive ancora oggi nelle menti dei tifosi del Manchester United di tutto il mondo e anche se, quest’anno per la prima volta, nessuno dei protagonisti di quei giorni ci può ancora raccontare come andarono i fatti, il loro ricordo rimarrà indelebile nei cuori di tutti gli appassionati.

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