Il calcio inglese: un’oasi nel deserto

La desolazione della Supercoppa Italiana deve far riflettere tutto il movimento calcistico del nostro Paese; eppure sembra che tutti facciano finta di non vedere

Hanno fatto il giro del web le desolanti immagini provenienti da Riad che ritraevano l’Al Awwal Park, pronto ad ospitare NapoliFiorentina, gara del nuovo format della Supercoppa Italiana, semivuoto. Poco più di 9000 spettatori, per uno stadio che ne può contenere 25000. Fotografia di un calcio e di un sistema che, senza facili qualunquismi e nonostante gli sforzi che suscitano quasi tenerezza, ha forse ormai definitivamente perso interesse all’estero. Anche in quei paesi che non possono certo vantare una tradizione calcistica consolidata.

L’aspetto da sottolineare, poi, è che a scendere in campo non erano certo squadre di medio/bassa classifica. Il Napoli, campione d’Italia in carica, e la Fiorentina che occupa stabilmente la zona Champions League. Una gara di tutto rispetto, almeno sulla carta, e che in altre epoche avrebbe garantito il “tutto esaurito”.

Il senso di una Supercoppa

Non basterebbe un volume dell’Enciclopedia Treccani per elencare ed analizzare le mancanze del calcio italiano. Non è questo lo spazio per farlo, fortuna nostra. Alcune considerazioni, tuttavia, sembrano essere inevitabili anche perché, nonostante tutto, gli addetti ai lavori (e gli appassionati) sembrano minimizzare i fatti o, peggio, far finta di nulla. In primis non si comprende il motivo per cui la Supercoppa Italiana che nell’immaginario di tutti noi è il trofeo che apre la stagione e che rappresenta dunque la sintesi di quella appena conclusa, debba disputarsi in inverno nel bel mezzo dell’annata calcistica che avrebbe dovuto inaugurare.

In secundis, il format. Non ha alcune senso logico estendere il diritto a parteciparvi alla seconda classificata e alla finalista di Coppa Italia. Una scelta simile ha l’unica conseguenza di minimizzare, snaturandolo, il senso stesso del trofeo, relegandolo a non più di un quadrangolare da calcio estivo (anzi, invernale). In tertiis, una competizione che debba rappresentare il movimento calcistico di una nazione, non può disputarsi fuori dai suoi confini geografici.

Il Community Shield e la Supercoppa Italiana

Alla luce di queste considerazioni, il paragone con il calcio inglese appare, ancora una volta, quantomai impietoso. L’FA Community Shield che, almeno sul piano teorico/funzionale, può essere paragonato alla “nostra” Supercoppa italiana non ha mai violato, e mai violerà, i tre punti cardine che abbiamo elencato più sopra. Si disputa ad agosto; vi partecipano la vincente della Premier League e la vincente della FA Cup; si gioca a Londra, capitale, nello stadio che ospita le gare della nazionale: Wembley.

Questi sforzi esasperati di esportare un prodotto che non funziona rischiano di complicare, se non compromettere, definitivamente una situazione già molto complessa. Potrebbe essere una soluzione quella di copiare un modello che funziona? Potrebbe essere una soluzione quella di ritrovare quei valori, quella consapevolezza dei propri mezzi, quella cultura sportiva e dello sport che per anni hanno consentito al nostro calcio di primeggiare nel mondo? Oggi queste domande sembrano non solo anacronistiche ma, a certi livelli, fin troppo facilmente fraintendibili. La Supercoppa italiana è solo la punta dell’iceberg.

Articoli Correlati

0 0 Voti
Vota questo articolo!
Iscriviti!
Avvisami
guest
0 Commenti
Inline Feedbacks
Vedi tutti i commenti
Pulsante per tornare all'inizio
0
Ci piacerebbe sapere cosa ne pensi, commenta!x
Privacy Policy Cookie Policy
UKCALCIO

GRATIS
VISUALIZZA