[PAROLA AI LETTORI] Com’è nata la mia passione per il calcio d’Oltremanica? #1

La nuova rubrica “Parola ai lettori” è un modo per consentire a chi legge il mio blog di vedere pubblicati i propri pensieri. L’argomento che propongo è il seguente: “Come e quando è nata la tua passione per il calcio d’Oltremanica”? In questa prima parte le testimonianze di Massimo Corsini, Damiano Francesconi, Joe, Valerio Accorsi e Ilaria Giannone.

Per vedere inserito il vostro racconto nella seconda parte, inviatelo via email a: alfonsorusso @ ukcalcio.com

MASSIMO CORSINI

Esiste sempre una linea di confine, uno spazio temporale che è infinitesimale nell’arco della propria vita ma che riveste un importanza fondamentale, perchè segna il momento in cui qualcosa o qualcuno incrocia la nostra vita, a volte è un banale contatto, altre volte ti segue sul tuo binario per sempre. Calcisticamente parlando la mia linea di confine si posiziona nel 1978, fino ad allora il calcio, per un bambino di 10 anni quale ero, era un gioco, come tanti, con la differenza che c’era gusto anche a veder giocare gli altri oltre che a praticarlo. Da quel giorno, Dio sa quanto vorrei che ci fosse un anniversario, ma proprio non ricordo la data esatta, tutto è cambiato il calcio da gioco diventava parte di me, senza un vero e proprio motivo c’era l’attesa di arrivare al sabato, che poi sabato non era, perchè nel 1978, internet era lontano, molto lontano a divenire, e quindi il sabato diventava, mercoledì quando arrivava il giorno del “guerino” ed era come vivere due volte la stessa partita. L’ansia del mercoledì nel breve tragitto casa-giornalaio, era la stessa del sabato quando le
mente volava miglia e miglia lontano a dove il mio corpo era e pensava agli 11 in campo. Immaginate la frustrazione quando sfogliando la rivista scoprivo: rinviata, postponed, come imparerò in seguito. In quegli anni, primi di Under soil capitava spessissimo (un po’ come adesso in Italia quando nevica). Prima di varcare il confine giusto un paio di flirt, una cotta per Gianni Rivera, non per il Milan, io tifavo per Rivera, e ricordo, nonostante la giovanissima età, le lacrime, quando a Monaco ‘72, durante il match contro Haiti, si infortunò ed usci in barella. Luciano, il mio babbo doveva fare qualcosa per quel bimbo di quattro anni disperato, mi disse, che forse sarebbe rientrato nel secondo tempo, che non era stato sostituito perchè l’allenatore doveva valutare l’infortunio. Rivera non rientrò, e guardando con il segno di poi era un segnale, il segnale che calcio è uguale passione che è uguale sofferenza. L’altra cotta arriva qualche anno dopo è per i gemelli del gol, più per Pulici che per Graziani, il calcio però è gioco di squadra devo sforzarmi di tifare anche per la squadra del mio eroe, e così seguo il Torino, qui non è un caso che la simpatia nasca al fianco di una radio AM che trasmetteva Borussia Monchengladbach-Torino, si radio, perchè al tempo oltre al già citato internet anche la tv non è che corra dietro al calcio, ed il mercoledì di coppa andava in differita, alle 22-22:30 nel corso di “Mercoledì sport, telecronache dall’Italia e dall’estero” come scandiva la signorina buonasera di turno in Rai. Quel mercoledì, per i più giovani le coppe erano tre e si giocavano tutte in quel
giorno, il Torino in Germania lotta, resta in 8(!) con anche il portiere, il mitico giaguaro Castellini, espulso, fatto più unico che raro per il calcio allora, ma cade ed esce dalla coppa, in campionato finirà secondo, ad un punto dalla Juventus. Anche questi erano segnali inequivocabili del mio rapporto con il calcio. In quegl’anni i miei coetanei erano per lo più juventini, i bianconeri vincevano, se non sempre, quasi, ed hai bambini si sa, piace vincere, niente di strano, semmai quello strano ero io, ma anche chi, altra minoranza,
tifava Inter e Milan, spesso erano bambini, che ereditavano il tifo da padri molti dei quali folgorati della Coppe Campioni vinte negli anni sessanta dalle due squadre di Milano. Già, la coppa di Campioni, è grazie a lei che scopro l’esistenza di un altro calcio, quello che si gioca in altri stati Europei. Per una volta vengo attratto da quelli che vincono sempre, gli Inglesi. Con una sorella di dieci anni più grande avevo già sentito parlare di loro, in particolare nel campo della musica, dovevano essere forti, perchè molti dei 45 giri che mia sorella aveva, erano di gruppi o cantanti Inglesi. E poi questi, tornando allo sport, hanno praticamente il monopolio della Formula Uno, con la sola Ferrari, a contrastarli. Insomma gli Inglesi mi attraggono, hanno maglie diverse da quelle delle squadre Italiane, hanno gli stemmi cuciti sopra, hanno stadi, almeno quei tre-quattro che fin’ora ho visto senza la pista di atletica, e poi sono sempre stracolmi. Il Liverpool vinceva tutto, mi incuriosisce ma non mi travolge. I flirt e gli ammiccamenti sono finiti. La linea di confine è li, un passo e sono oltre. Ero quasi al punto di non ritorno, prima però, un altra componente fondamentale nel costruire quella linea di confine. Il Subbuteo. Quanto di più Inglese si possa trovare per i maschietti in quella seconda metà degli anni Settanta. Televisioni, giornali, tutto era in bianco-nero, solo il catalogo del Subbuteo, mi regalava la possibilità di vedere i colori di tutte le squadre del mondo, poi c’erano gli accessori, dal segnapunti alla staccionata tutte rigorosamente british. Grazie al prezioso catalogo, scoprii che esistevano squadre con le maglie a quarti, Bristol Rovers, ed a strisce orizzontali, il Queens Park Rangers ed il Reading, ed era curioso vedere il nome di queste due squadre accostato a quello della Pro Patria! E poi arrivò il giorno, un giorno come tanti, sveglia, colazione a base di Ergo Sprint e latte, poi prima di andare a scuola il salto all’edicola a comprare i due quotidiani che non mancavano mai a casa mia, tornavo e mi rimanevamo quei tre, quattro minuti per sfogliarli e prendere quel vizio che mi accompagna tutt’ora: sfogliare il quotidiano al contrario, era il modo per leggere, o meglio guardare subito le pagine sportive. Opinabile, forse, ma è servito a fare di me un lettore di quotidiani, cosa che purtroppo non tutti fanno. Passata la giornata scolastica, ecco il ritorno a casa, nel pomeriggio rimbombano le parole, prima, grida, poi, di mia mamma: “vai a fare la lezione”, “si, mamma, ora ci vado altri 10 minuti”, passa il tempo non ho proprio intenzione di
staccarmi dalla tv, un vecchio scatolone in radica, con due manopole, una per il primo canale, l’altra per il secondo. Stop. Tranne che da qualche tempo con un po’ di pazienza e fortuna girando quet’ultima manopola, si vedono altri due, a volte tre, canali. Telemontecarlo, Capodistria e, raramente la tv Svizzera. Per guadagnare qualche altro minuto sui compiti impellenti, smanetto, fa sorridere quello che facevo, con il significato che assumerà negli anni il termine, cambio, cerco, vedo solo lo sfarfallio dell’immagine, poi come il capitano che guida la nave fuori dalla nebbia, si materializzano le immagini, sempre più chiare, per lo meno quanto basta. Credo fosse Telemontecarlo, ma non ci scommetterei più di un Pound, due squadre giocano si battono, corrono, una è nota, non quanto lo è adesso, ma il suo nome Manchester United, è familiare, l’altra è una un abbreviazione West Brom e vince 2-1, ha appena segnato un certo Cantello, che per quanto ne so potrebbe pure essere Italiano. Le prossime due azioni mi catapultano oltre il confine. McQueen e McIlroy, prima di loro conoscevo solo due altri nomi con quel prefisso, McLaren, l’auto da corsa, e McDermott, Terry quello del Liverpool. Sono questi due a spingermi oltre. La squadre nota, da 1-2 va avanti 3-2, è fatta non posso staccarmi dalla tv. “ancora 2 minuti guardo come finisce questa partita inglese e vado” rispondo
così alle sollecitazioni di mamma circa i compiti. In quel momento c’è solo la curiosità di vedere come va a finire, di sapere se questo West Brom., il punto che vedo nella sovrimpressione mi fa capire che c’è dell’altro, ma cosa proprio non lo so, riuscirà almeno a recuperare e pareggiare. Giocano con una maglia a
strisce che per quanto ne so potrebbero essere bianconere, tipo Juventus, solo un po’ più larghe. La sintesi continua, arriva il 3-3, segna un certo T. Brown, molti anni dopo scoprirò che è una autentica leggenda del club. La sua rete mi strappa un sorriso, sono felice che quella squadra finirà estranea abbia pareggiato, ma non è finita. La sintesi mostra due azioni, in cui il West Brom. sfiora la rete, un salvataggio sulla linea ed un miracolo del portiere neano il vantaggio agli ospiti, mi scappa un “forza, dai” passa mia mamma e mi guarda
come se fossi un malato di mente “gira sul secondo e mettiti a studiare”, “certo, si, si” rispondo, proprio mentre Cunningham infila la porta dello United, esulto come se tifassi per loro da sempre. Non è finita al quinto goal, firmato da Regis, mi chiedo se c’è un perchè dietro al fatto che per una volta la parte dalla quale ho deciso di stare ha vinto. È l’inizio di qualcosa, vado a fare la lezione ma quel West Brom. Non mi esce dalla testa, devo saperne di più.  Ma questa, è un’altra storia, chissà, forse un giorno troverò lo spunto per
raccontarla davvero tutta.
DAMIANO FRANCESCONI

Avevo 7 anni piu o meno, studiavo il Regno Unito a geografia e la lingua inglese, ovviamente ero una grandissimo tifoso di calcio (Lazio) cosi vidi in tv le gesta
delle squadre britanniche più blasonate, ovviamente ero molto attratto dai Red Devils erano uno spettacolo i vari Giggs Beckham Scholes Yorke. Così mi inizio ad interessare davvero comprando riviste che una volta in Italia uscivano dove si parlava del British Football, mi inizio a fare una “cultura” calcistica Britannica e così conosco anche altre squadre inglesi. Poi nel 2005 mi viene attivato Internet è li che inizia l’approfondimento sul calcio inglese ma anche scozzese, divento un fan scatenato leggo le varie storie di alcuni club, leggo anche informazioni riguardo le tifoserie e gli Hooligans vedo film sul calcio inglese mi appassiono di brutto. Inoltre io sono un fan scatenato del mio indiscusso idolo Paolo Di Canio, come ho saputo che ha giocato in club inglesi i miei occhi si sono illuminati: un romano laziale che viene chiamato “The God” fantstico. Così continuo ad informarmi leggo un libro che parla anche degli ICF del West Ham seguo la cultura calcistica britannica con passione proprio come seguo la mia Lazio ma son sincero nel Regno Unito non vi è squadra che io tifi o stimi di più le apprezzo tutte solo perchè sono innamorato di quel calcio passionale, intenso, fantasioso, maschio, BRITANNICO.


JOE

Essendo un mezzosangue italo-inglese (mia madre viene dal west end londinese, a 2 passi da Covent Garden e con il Theatre Royal fuori dalla finestra) ho da sempre respirato le atmosfere e il modus vivendi britannico nel calcio come nella vita.
Anche il football, di conseguenza, ha sempre fatto parte della mia vita: avendo una famiglia totalmente royal blue fin dalla mia primissima infanzia ho seguito con interesse sempre crescente le sorti del Chelsea, con la vittoria dell’FA Cup nel ’97 e il trionfo nella Coppa Coppe ’98, complice il gol di Zola segnato 30 secondi dopo il suo ingresso e gli urli scomposti di Carlo Nesti nella diretta RAI.
Ricordo come se fosse ieri anche una sventurata ma bellissima partita degli ottavi di finale dei mondiali del ’98, con la magia di un folletto diciottenne che rispondeva al nome di Michael Owen e la sciocchezza di un altrettanto giovanissimo David Beckham, che con la sua espulsione precluse il passaggio del turno ai Tre Leoni di Hoddle.
Mancava ormai solo una cosa per rendere la mia crescente passione per il football d’oltremanica un vero e proprio amore: l’esperienza sul campo.
L’occasione si fece propizia nell’aprile del 2000. Mi trovavo sull’isola per una classica riunione di famiglia (l’anniversario di matrimonio dei miei nonni, se non sbaglio) quando fui avvicinato da uno dei miei 2 zii, Jim (malato di blue dai tempi di Osgood, Bonetti e Harris) che sentenzia: <<Mate, ho 2 biglietti in più per la partita di sabato, a te e tuo fratello piacerebbe venire al Bridge con me?>> Non aspettavo altro. <<Certo Jim, con chi giochiamo?>> <<Chelsea-Liverpool figliolo.>>
 Era mercoledi sera, ma nei 3 giorni che mi separavano dal weekend non riuscivo a pensare al altro. Mi attendeva un esordio pirotecnico contro una delle squadre più forti del calcio albionico ed europeo.
Sabato mattina, prevelato da mio zio, Piccadilly line da Covent Garden a Earl’s Court e cambio per la linea verde fino a Fulham Broadway (mi ero già studiato le fermate a memoria nell’attesa!) e siamo arrivati. Fuori dalla stazione (già pieno di stalls alternati fra venditori di programmi, venditori di merchandising e venditori di hot dogs e burgers) svolta a sinistra, 100 metri a piedi ed eccolo…20 metri davanti a me troneggiava in tutto il suo splendore il mitico Stamford Bridge, con il suo piazzale già pieno di tifosi.
Dopo un pit stop velocissimo di mio zio al pub (io e mio fratello non potevamo entrare!) ci avviammo all’ingresso della Matthew Harding Stand.
Difficile spiegare a parole cosa si prova ad entrare per la prima volta in uno stadio cosi bello, e soprattutto cosa significhi per un bambino di 11 anni…il sole che riflette su un campo che sembra un panno di biliardo, i cori che tagliano l’aria, 40000 persone unite come una famiglia dal royal blue.
La partita, per quanto mi riguarda, passò in secondo piano: una vittoria secca per 2-0 firmata da Weah e Di Matteo, per una squadra carichissima che aspettava solo di poter giocare, di li a poco, l’ultima finale di FA Cup da disputare nel vecchio Wembley contro i Villans di Birmingham.
Io ero totalmente distratto, rapito, affascinato da quello che accadeva attorno al terreno di gioco. Un atmosfera magica che, in tutte le altre volte che sono stato al Bridge nel corso degli anni, ho visto via via scemando, soffocata dai soldi del magnate russo e dai turisti giapponesi annoiati con 3000 macchine fotografiche al seguito.
Resta il fatto che in quel giorno di grazia dell’aprile del 2000 io mi innamorai di una cultura, un modo di vivere, una bandiera, un simbolo.

GRAZIE per avermi dato la possibilità di condividere con altri questa mia esperienza e avermi fatto tornare alla mente uno dei giorni più belli della mia vita.

VALERIO ACCORSI

La mia storia da tifoso del West Ham United comincia proprio su un Intercity ( segno del destino). Era una domenica mattina, mi trovavo da solo alla Stazione Termini di Roma e stavo per prendere il treno che mi avrebbe portato a Reggio Emilia per seguire la mia squadra del cuore italiana…ovvero la Reggiana. Il treno “stranamente” quel giorno fece un’ ora di ritardo e pensai bene, nell’ attesa, di recarmi in libreria per vedere se c’ era qualche libro sul football che avrebbe potuto interessarmi. Il primo libro che mi capitò sotto mano fu Congratulations You Have Just Met the ICF. Mi incuriosì e lo comprai anche perchè costava solo 10 € e così cominciai a leggerlo nell’ attesa del treno. Premetto che del West Ham United sapevo pochissimo: non conoscevo praticamente niente di questa squadra, sapevo solo che Di Canio li era un idolo, non conoscevo la storia, non conoscevo lo stadio, sapevo a malapena che cos’ era la ICF ma sinceramente non mi piaceva ne il calcio inglese e il mio unico pensiero era la Reggiana.
Lessi il libro e ne rimasi estasiato, cominciai ad informarmi meglio su quella banda di scalmanati che metteva a soqquadro l’ Inghilterra nel nome del West Ham…Cass Pennant, Bill Gardner, Andy Swallow, la Five Under Posse, Micky Smith…..grazie a loro io mi sono letteralmente innamorato del West Ham United.
Ho di conseguenza incominciato a seguire le gesta della squadra, all’ inizio era semplice interesse, guardavo solo il risultato finale, poi piano piano il mio interesse cresceva…grazie a Sky Sport vedevo le partite e cominciai a ” preoccuparmi” quando stavo male, sempre più male per le sconfitte della squadra. Poi arrivò il giorno della mia prima partita ad Upton Park: un sogno.
Tutti quei posti che avevo immaginato leggendo il libro erano diventati realtà: la metro di Upton Park dove per arrivare devi passare quelle storiche di Mile End e West Ham, la Green Street che sembra non finire mai, il mercato coperto campo di mille battaglie…e poi subito dopo arriva il Queen’s lo storico pub dei tifosi del West Ham. Non scorderò mai la prima volta che c’ ho messo piede dentro! Mi immaginavo Bill Gardner e Cass Pennant vent’ anni prima che studiavano il percorso migliore per andare a stanare quelli del Millwall, oppure le risse con quelli del Chelsea e del Man United….troppo bello e troppo romantico!!
Poi dopo circa 200 mt che percorri la Green Street sulla sinistra appare una visione meravigliosa…la nostra casa, Upton Park.
Qui non ci sono veramente parole, nessuno può descrivere quello che si prova ad entrare in quello stadio, nessuna persona al mondo può capire se non c’è mai stato. Appena metti piedi dentro rimani senza parole, letteralmente a bocca aperta, sembra di tornare in dietro di 30 anni per l’ atmosfera che si respira.
Il resto, per quanto mi riguarda, è cosa di tutti i giorni: penso al West Ham 24 h su 24, solo la mia ragazza ha più importanza del West Ham United, i Martelli d’ Italia sono la mia seconda casa ed i suoi componenti sono fratelli per me.
Ho praticamente abbandonato il calcio italiano, la Reggiana non la seguo più come prima perchè tutto è diventato impossibile, l’ aria di odio che si respira negli stadi italiani mi fa schifo, a differenza dell’ Inghilterra dove andare allo stadio è una festa ed uno stile di vita. Tutto questo grazie a quei ragazzi che andavano in giro a farsi rispettare e a tenere in alto il nome della squadra di East london, il nome del WEST HAM UNITED.

ILARIA GIANNONE

La mia passione per il calcio inglese è nata da quando ero ragazzina , ho visto una volta in tv una partita e me ne sono innamorata.Mi piace tutto: il modo di giocare , l’atmosfera che si respira allo stadio, il tifo , le canzoni … è tutto un’altro mondo!!!:)
Da allora non ho più smesso di seguirlo!Anche se sono una tifosa del Manchester United seguo tutte le altre partite.
Mi piacerebbe un giorno poter andare a vedere una partita allo stadio , sarebbe fantastico!!!:)

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Alfonso Russo
9 Marzo 2012 12:34

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Anonimo
Anonimo
9 Marzo 2012 12:07

http://it.wikipedia.org/wiki/Gary_Shaw
la mia passione nasce da qui grazie alle telecronache di michele plastino
danilo

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