Le dimissioni di Fabio Capello da CT dell’Inghilterra hanno sorpreso tutti. In verità, la FA e il tecnico di Pieris erano separati in casa già dopo la deludente spedizione in Sud Africa: l’entusiasmo per la grande cavalcata nelle qualificazioni, spento da una prova deludente nel girone di qualificazione e affossato da un goal tutto fuorchè “fantasma”, è stato mantenuto vivo solo solo per quieto vivere (leggasi “ingaggio”). Ed i sorrisi e la fiducia sarebbero dovuti durare sino ai prossimi Europei, teatro della rivincita dei Three Lions di Capello.
Così non è stato. Anzi, la sostanziale finzione di questo rapporto si è palesata proprio quando era necessario prendere una decisione importante per il prosieguo della vita di coppia. Quella del capitano è una carica molto sentita in Inghilterra. Egli è il personaggio più rappresentativo del gruppo, il condottiero che trascina i propri compagni alla vittoria in battaglia: un retaggio medievale traslato nel moderno football. L’immagine di una squadra nazionale capitanata da un atleta (John Terry) sul cui capo pesa un’accusa tanto infamante quale quella di insulti razzisti rivolti ad un collega, sarebbe stata inconciliabile con il palcoscenico mondiale che avrebbe dovuto calcare. Andava presa una decisione subito, ma la FA ha preferito farlo da sola.
E non è un caso che le dimissioni di Capello siano coincise con la piena assoluzione di Redknapp dal reato di evasione fiscale. Il suo nome circola da molto tempo ( almeno dall’atterraggio dell’aereo che riportava a casa la nazionale inglese dal Sud Africa) ed è gradito a tutti: tifosi e addetti ai lavori.
Se Redknapp sarà il nuovo allenatore dell’Inghilterra (come io credo – Tottenham permettendo) non possiamo sottacere le probabilità di trovarci di fronte ad una sorta di “Inghilterra-McClaren 2.0”, non tanto per le capacità tattiche del buon Harry (il suo Tottenham ha la migliore disposizione tattica della Premier League), quanto piuttosto per le capacità di infondere una mentalità vincente ai giocatori; aspetto su cui Capello stava lavorando, perchè aveva capito che è quello l’unico limite che impedisce ai Three Lions di vincere un trofeo dal 1966.
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