[ESCLUSIVA] Intervista a Marco Negri, ex attaccante dei Rangers Glasgow.

UKCALCIO propone in esclusiva l’intervista a Marco Negri, ex attaccante dei Rangers Glasgow. Un viaggio tra passato e presente, con uno sguardo ai progetti futuri del primo calciatore italiano ad aver lasciato il segno all’estero.

 

di Alfonso RussoSegui @ukcalcio
Quello di Marco Negri è un nome familiare non solo agli appassionati di calcio d’Oltremanica (scozzese in particolare), ma a tutti gli amanti del calcio italiano. Attaccante dalle indiscutibili doti realizzative è stato il primo calciatore italiano ad aver lasciato un segno all’estero. Primato, questo, che ukcalcio vuole celebrare proponendovi questa intervista esclusiva che regala un interessante spaccato del calcio negli anni ’90.

  • Innanzitutto grazie di aver
    accettato di rilasciare questa intervista esclusiva a ukcalcio.com.
    Lei è stato il primo (o comunque tra i primi) italiano ad
    intraprendere un’esperienza Oltremanica. Per quale motivo nel 1997
    scelse proprio i Rangers Glasgow? Aveva ricevuto anche altre offerte
    da club stranieri?
Ora andare all’estero a giocare è ormai diventata una cosa normale.
Nel lontano ’97 è stata una scelta coraggiosa perchè quasi un salto nel
buio. Io venivo da 15 gol in serie A con il Perugia, una stagione per
me esaltante, ma terminata con la retrocessione ; durante quell’estate
avevo avuto qualche interessamento di qualche squadra italiana, ma
niente era andato in porto. Poi l’offerta concreta dei Rangers uno dei
club più prestigiosi al mondo, dove qualche mese prima era approdato
,dal mio stesso Perugia , un giovanissimo Rino Gattuso. L’ho chiamato,
lui mi ha confermato la grandezza della squadra di Glasgow e poi avevo
la meravigliosa opportunità di giocare finalmente in Champions League.
  • La sua prima stagione fu
    incredibile: 32 goal in 29 partite e titolo di capocannoniere. A
    quale di queste reti si sente maggiormente legato?

La rete più bella è sicuramente il terzo gol contro il Dundee United (
ubriacante doppio sombrero al difensore e pallonetto da una trentina di
metri a un portiere di oltre due metri ); la più prestigiosa e
importante, quella che ricorderò per sempre,è il gol del vantaggio
nell’Old Firm in casa dei Celtic con una rasoiata di sinistro a beffare
il portiere sul primo palo. Sensazioni uniche perchè un gol, quel gol mi
hanno fatto entrare definitivamente nella famiglia dei Rangers. 
  

  • Dopo la prima fantastica stagione
    (5° posto nella graduatoria annuale della “Scarpa d’Oro”), una
    serie di infortuni non le ha consentito di proseguire ad alti
    livelli. Ha qualche rimpianto? Farebbe qualcosa di diverso o
    ripeterebbe l’esperienza allo stesso modo?

Gli infortuni fanno parte della carriera di uno sportivo, certo che
una pallina da squash nell’occhio a staccare parte della retina quando
ho segnato in quattro mesi 30 gol, sono in testa alla scarpa d’oro,
primo in campionato con i miei Rangers , voci di una più che imminente
convocazione in nazionale nell’anno dei Mondiali in Francia del ’98….Alcuni
rimpianti ci sono e sono loro che mi hanno spinto a scrivere la mia
autobiografia ” Marco Negri più di un numero sulla maglia ( della
LuglioEditore ). Ho rivissuto
specialmente la mia avventura in Scozia tra momenti in cui ho toccato
il cielo con le dita e una caduta repentina ( from hero to zero l’ho
chiamata) che non terminava mai. A quarant’anni suonati si vedono le
cose in maniera diversa, ma allora ero quello, il mio carattere
orgoglioso mi aveva portato alla consacrazione calcistica e quindi ho
proseguito alla mia maniera.  

  • La cinquina contro il Dundee
    United resterà nella storia e i tifosi dei Rangers la ricorderanno
    per sempre. Qual è stato il suo rapporto con la tifoseria scozzese?

Tramite i social network sono tantissimi gli attestati di stima e
rispetto che mi giungono dalla Scozia e dai tifosi dei Rangers. Sono
contento di aver intrapreso la traduzione del mio libro, per poter far
leggere anche Oltremanica  come sono andate realmente le cose, far luce
su una stagione a dir poco fatta sulle montagne russe e schiarire quelle
nubi di mistero create dalla mia poca voglia di parlare con la stampa.

Se il mio progetto andrà a buon fine, non vedo l’ora di riatterrare a Glasgow e abbracciare di nuovo i tifosi dei Rangers.


 

  • Walter Smith ha scritto la storia
    recente dei Glasgow Rangers ed è stato lui a volerlo in squadra. Ci
    racconti un po’ di lui e del suo rapporto con l’allenatore.
Una
persona squisita e di classe, grande allenatore e particolarmente
capace nel man to man managment( è stato l’unico a gestire il grande
Gascoigne), sempre attento alle esigenze dei singoli.
Il
nostro rapporto purtroppo si è rovinato dopo lo stupido incidente dello
squash; sono stato fuori due mesi senza potermi allenare, poi sono
rientrato ma la mia forma fisica non era più quella di prima e non ho
preso bene il fatto di essere messo da parte. In questi casi la cosa più
importante è parlarsi e confrontarsi, quello che purtroppo non è
successo anche per colpa mia e del mio orgoglio.

  • Lei aveva un forte legame con
    Sergio Porrini. Era riuscito ad integrarsi anche con gli altri
    compagni di squadra? Mantiene i contatti con alcuni di loro?

Ai Rangers sono stato accolto in maniera meravigliosa da tutti
staff, tifosi e compagni compresi. C’erano tanti scozzesi (McCoist,
Durrant, Goram,McCall… ) ma i calciatori provenivano da veramente
tutto il mondo. Chiaro che specie nei primi periodi il punto di
riferimento erano stati ovviamente i compagni italiani, Gattuso su
tutti.

Sono
contento della carriera che Rino ha fatto; l’ho visto recentemente ed è
sempre cordiale nei miei confronti tanto che mi ha regalato una
splendida prefazione al mio libro ( le altre sono di Materazzi e
Zaccheroni ).


  • La stampa scozzese non è mai
    stata troppo tenera nei suoi confronti. In particolare non piaceva
    la sua esultanza “fredda”, rispetto al calore del pubblico. Era
    questo un suo atteggiamento tipico o c’era altro?

Non sono mai stato un giocatore che anche in Italia si lasciava andare a
strane e bizzarre esultanze, ma sono sicuro che tutti si riferiscono al
mio atteggiamento durante la mia partita perfetta, quella dei cinque
gol contro il Dundee United, dove però c’è un retroscena particolare.
Visto che sono sempre stato uno che lasciava tanto spazio al linguaggio
del corpo, quella era la mia risposta verso uno dello staff dei Rangers (
nomi e cognomi nel libro ). Da lì nasce il mio soprannome The Moody
Italian( l’italiano lunatico ) ma spesso anche nei video dei miei gol su
YouTube sono spesso sorridente e felice.

  • I Rangers Glasgow hanno avuto un
    ruolo importante nella sua carriera. Negli ultimi anni i noti
    problemi societari hanno relegato la squadra nelle serie minori. Che
    effetto fa ad un calciatore vedere in così gravi difficoltà la
    società per la quale ha giocato ad altissimi livelli?

Quando è uscita la notizia di una più che probabile esclusione dalla SPL dei Rangers non ci potevo credere,
niente Old Firm, che campionato sarebbe stato!

Purtroppo
l’impensabile è successo veramente; sono comunque contento di vedere una
pronta risalita del club al posto di competenza , al vertice. Ora ho
letto del problema dell’Ibrox; il board vuole metterlo in vendita per
ottenere della liquidità, ma onestamente l’Ibrox è un’icona per i
giocatori e soprattutto per i fans che lotteranno fino alla fine perchè
ciò non avvenga …e io lo spero.

  • Riflettendo a posteriori,
    se
    nel 1997 una “big” italiana le avesse offerto un
    contratto (e se ha avuto offerte, vorremmo sapere da chi!), la sua
    carriera le avrebbe regalato qualche trofeo?

I Rangers erano e sono la mia “big”; sono orgoglioso e felice di aver
indossato quella maglia prestigiosa, di uno dei club più famosi e
antichi del mondo; onestamente in quell’anno di grazia mi sono fatto
male all’occhio nel momento più importante, non so e non posso dire come
sarebbe andata. 



  • Siamo certi che avrebbe meritato
    la convocazione in Nazionale. Percepiva pregiudizi nei confronti dei
    calciatori che sceglievano di vivere un’esperienza all’estero?

Sono stato veramente vicino a indossare la maglia azzurra. Questo è
forse il più grande rimpianto che ho ( anche una volta sarebbe stato
sufficiente); in quegli anni c’erano fior fiore di
grandi attaccanti in Italia per cui solo il fatto di essere stato messo
al confronto con quegli altisonanti nomi mi fa capire di aver lasciato
un segno.


  • Quello degli anni ’90 era una
    calcio completamente diverso da quello di oggi, sotto vari punti di
    vista. Da professionista, cosa crede che manchi maggiormente di quel
    periodo al calcio di oggi?

Il campionato italiano era al top, c’erano tanti presidenti che
investivano in grandi nomi e il fatto di venire in Italia era il massimo
per i fuoriclasse di tutto il mondo; da noi c’era l’incoronazione
finale, si raggiungeva l’apice. Tutto ciò innescava una sana
concorrenza, tanti campioni portavano la loro classe per cui anche i
giocatori di casa crescevano e vincevano trofei europei. Di negativo
probabilmente quel periodo  ha fatto dimenticare un pò i settori
giovanili, perchè il giocatore non si cresceva in casa ma si andava a
comprare già ” fatto “. Penso che si debba pensare in primis alle
strutture sportive da allineare con il resto del mondo, poi tornare a
lavorare con i settori giovanili.


  • Le manca il mondo del calcio? Ha
    mai pensato di rientrarvi?
Il mondo del calcio è quello che ho sognato da bambino e vissuto
con
grande fortuna da adulto; mi manca soprattutto l’adrenalina di una
partita decisiva o di un gol vincente segnato all’ultimo minuto; mi
manca lo spogliatoio e i rapporti che si instauravano con i compagni di
squadra, gli scherzi, i ritiri e il cameratismo.
Ora svolgo
dei camp per giovani calciatori per la C.I.C. i cui fondatori principali
sono Cannavaro, Costacurta, Oddo, Ambrosini e Paolo Taveggia. Dopo
l’Italia, parto ora alla volta degli Stati Uniti, a Portland.
Spero
di rientrare al più presto nel mondo del calcio, grazie al mio progetto
ambizioso ma in cui credo tantissimo e a cui ho lavorato molto:
inserire nello staff tecnico di una squadra la figura dell’allenatore
specifico degli attaccanti. Questo è un progetto completo , pronto nei
dettagli e rivoluzionario che spero stuzzichi al più presto qualche
addetto ai lavori.

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